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Link Building: tra verità e miti

Redazione DN

24 maggio 2022
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Link building miti

Nel mondo della SEO, la “link building” è, spesso e volentieri, al centro di diatribe più o meno sterili.

C’è chi la difende a spada tratta, sostenendo sia la vera Regina dell’Internet, tutto.

E c’è chi, invece, sostiene l’esatto contrario: la link building non genera valore.

La verità, come sempre, sta nel mezzo.

Ed è questo lobiettivo che ci ha spinto a scrivere questo contenuto: fare chiarezza e raccontare cos’è (per noi) la link building e cosa significa farla nel 2022.

Ah, in tutto questo c’è anche spazio per smitizzare 5 vere e proprie leggende che ruotano attorno alla link building. Questo ti può aiutare a valutare meglio la tua (futura) strategia digitale.

Ma partiamo con un po’ di storia… Allaccia le cinture; stiamo per fare un giro sulla Delorean! 😀

Indice dei contenuti

Perché abbiamo tirato in ballo la Delorean di Ritorno al Futuro?

Semplice
: per comprendere, davvero, la correlazione tra i link e il ranking sui motori di ricerca.

Tanto tempo fa, in un Internet lontano lontano, i primi navigatori del web effettuavano le loro ricerche su altrettanti inesperti motori di ricerca, come il buon vecchio Yahoo! o il compianto Alta Vista.

Questi motori di ricerca stabilivano il posizionamento di un sito web, basandosi unicamente sul contenuto trovato all’interno delle pagine.

Finché non arrivò Google e il PageRank.

Google Pagerank

Di cosa stiamo parlando?

Per stabilire il ranking, Google non guardava solo al contenuto di una pagina. Piuttosto, esaminava quantepersone linkavano la suddetta pagina.

E oggi, dopo quasi 20 anni, i link sono ancora uno dei fattori di posizionamento più importanti per Google.

Quello che è cambiato è la valutazione dei link. Se prima il fattore “quantità” era vitale, oggi, con Penguin, è la “qualità” la chimera da seguire.

Sì, Chimera non è scritto per caso.

La qualità millantata non è qualità reale. La qualità va cercata nelle connessioni umane, nei rapporti che ci contraddistinguono come animali sociali. Questo non bisogna dimenticarlo. Mai.

Detto ciò, passiamo ai miti che ruotano attorno alla link building oggi. Sì, nel 2022. Ancora - passateci il termine, o applaudite per 92 minuti - tocca leggere ca..te pazzesche!

5 miti sulla link building

Abbiamo parlato di come si sono evolute le dinamiche legate al posizionamento organico sui motori di ricerca e di come vengano creati o cambiati gli algoritmi (vedi PageRank e Penguin).

Quello di cui non abbiamo ancora parlato è di come, in effetti, la comunità SEO internazionale sia cambiata in questi anni e di come questo fenomeno naturale di cambiamento abbia creato una vera e propria frattura.

Da un lato c'è chi dice che il 2006 è lontano e, oggi più che mai, occorre concentrarsi unicamente sui contenuti di estremo valore, in modo da rendere 100% naturale l’acquisizione di link.

E c’è chi, invece, dall’altra parte della barricata, continua a spingere (quasi) unicamente l’acquisto di link, neanche fossimo al mercato del pesce.

Come scritto già all’inizio di questo articolo, la verità sta nel mezzo.

E questo significa anche, e soprattutto, aprire gli occhi. Guardare al di là del proprio naso. Cercare opportunità di link building. Cercare valore e non disquisire di etica, ché non è il luogo adatto, ne convieni?

Quindi, passiamo subito a 5 miti/idee del tutto errati, ma ahinoi parecchio popolari. Miti e idee che stanno causando più danni della grandine in agosto!

Sfatare è il primo passo per comprendere la realtà dei fatti e offrire quel valore tanto agognato.

#1 I backlink sono uno dei principali fattori di ranking

Il primo mito è quello che attirerà sicuramente l’ira (si spera costruttiva) di altri colleghi del nostro settore.

Semplicemente, perché uno dei Search Quality Senior Strategist di Google, Andrey Lippttsev, durante una sessione di domande e risposte, affermò che link, contenuto e RankBrain erano i primi 3 fattori di ranking.

Chiaramente, questa dichiarazione lascia un po’ il tempo che trova. E lo diciamo con estrema convinzione.

Perché?

Beh, se quanto asserito da Lippttsev fosse vero, Google ignorerebbe, innanzitutto, 2segnali” importantissimi, come:

  1. L’esperienza dell’utente;
  2. L’intento della query.

Per non parlare delle centinaia di altri fattori di posizionamento, conosciuti e non.

Se ti interessa quest’ultimo aspetto (quello legato ai ranking factor), ti consigliamo la lettura di questo interessante articolo di Backlinko: Google’s 200 Ranking Factors: The Complete List (2022).

Tra l’altro, lo stesso John Mueller, in un Google Hangout del 2017, ha cercato di chiarire la situazione legata all’importanza dei backlink e di quanto siano dinamici i fattori di ranking di Google.

Se vuoi approfondire, qui trovi la parte della diretta dove viene affrontato il tutto.

Quanto scritto finora, però, corrisponde soltanto a una parte della “verità”.

Tantissimi case study di settore dimostrano, infatti, che le pagine che presidiano le prime 3 posizioni tendono ad avere un buon numero (a volte, spropositato) di backlink.

A questo punto, ti starai domandando: queste pagine rankano così bene perché hanno un buon numero di link in entrata, o hanno un buon numero di link in entrata per via del loro posizionamento?

Sì, la domanda è di Marzulliana memoria, è vero.

La risposta, invece, è del tutto relativa.

È possibile che un risultato in 3° posizione, con un CTR maggiore, nonostante presenti meno della metà dei link in entrata, scavalchi un contenuto in 1°?

Non possiamo saperlo. Ed è per questo motivo (SOLO PER QUESTO) che non possiamo limitare la nostra strategia.

Questo sta a significare che i backlink non sono un importante segnale di ranking per Google?

Ovviamente, no.

Un link può fare la differenza in quelle SERP dove la maggior parte dei fattori di posizionamento è rispettata da chi occupa le prime posizioni.

#2 La minaccia di Penguin

Partiamo da un assunto: Penguin è un algoritmo che lavora sulla qualità dei link in ingresso, non una penalizzazione.

Le penalizzazioni sono manuali - ne parleremo meglio tra poco, promesso.

Gli algoritmi, invece, intervengono in modo automatico, applicando quello che in gergo viene chiamato, per l’appunto, filtro algoritmico.

Chiarito ciò, viene quasi naturale credere che Penguin non possa attivare in alcun modo azioni che portino al declassamento nel ranking sui motori di ricerca.

Anche perché, parliamoci chiaro, recuperare il traffico perso a causa di azioni di negative SEO che puntano alla creazione di link spam richiede una cosa soltanto il 99% delle volte: il disconoscimento dei link che si qualificano come spam.

Per concludere, se stai evitando come la peste farm e reti di link non hai motivo alcuno di preoccuparti del pinguino di Google.

E non dovresti preoccuparti neanche se dovessi notare tramite Search Console (o altri tool di monitoraggio di backlink come Ahrefs, SEMrush o Majestic SEO) una situazione come quella proposta dallo screenshot sottostante:

Search console spam link

In questo caso, possiamo notare come il sito “example.com” sia stato preso di mira da un’azione spam sul dominio blogspot.com. Ora, in questo caso, undisavownon servirebbe a nulla.

Penguin rileverà questi link come dannosi, è vero. Ma è altrettanto vero che non verranno considerati ai fini del ranking. Sia nel bene che nel male.

Discorso molto diverso se parliamo di penalizzazione manuale (ti avevamo promesso che ci saremmo tornati): in questo caso è il team antispam di Google a intervenire - (quasi) sempre su link in ingresso sospetti e con chiaro intento manipolativo delle SERP.

La segnalazione arriva tramite la Search Console, con annessi esempi e best practice da seguire per risolvere la situazione.

#3 I link nofollow sono privi di valore

Questa è davvero bella.

La foga degli addetti ai settori nel costruire link follow equivale a quella che si percepiva durante le battaglie navali al Colosseo.

Ora, non diciamo assolutamente che sia inutile puntare a link follow, saremmo folli.

Quello su cui vogliamo farti riflettere, invece, è l’importanza - spesso ignorata - dei link no follow.

Partiamo dal suggerimento che ci fornisce Google stesso:

Usa il valore nofollow quando altri valori non sono idonei e preferisci che Google non associ il tuo sito alla pagina collegata o che non esegua la scansione di tale pagina dal tuo sito. Per i link che rimandano ad altre parti del sito stesso, usa la regola disallow del file robots.txt.

Estratto da: Rendere i link in uscita idonei per la SEO | Google Search Central

Questo che significa?

Semplicemente, il rel=nofollow deve essere usato:

  • quando le pagine linkate non sono correlate alla nostra;
  • quando non vogliamo che Google “segua” il link andando a scansionare la risorsa da noi collegata.

Questo cosa c’entra con il “valore” tanto ricercato? Nulla. Meno di zero.

O meglio, il valore della pagina non verrà trasferito al link, ma il valore relazionale non può essere eliminato da nessun algoritmo. Il valore umano, quello che dona al marketing digitale il boost vincente. L'accelerazione decisiva.

Pensa ai link su Wikipedia, ad esempio: tutti nofollow, eppure, quando valore portano?

Ti portiamo un piccolo caso studio.

Per il blog di Ymea, lo storico brand di integratori per la menopausa, avevamo l’esigenza di affrontare l’argomento legato alla TOS, la terapia ormonale indicata per i disturbi tipici di questo periodo. Una query del genere, oltre che strategica, è anche parecchio competitiva e difficile da posizionare tra i primi risultati di Google.

Dopo aver redatto un ottimo contenuto e averlo linkato all’interno di Wikipedia nella pagina dedicata alla TOS abbiamo veicolato diversi utenti a leggere il contenuto pubblicato sul portale unbranded di Ymea, menopausa.com.

Caso studio link nofollow wikipedia

E questo ha prodotto, indirettamente, un miglioramento nelle SERP, fino a portare, oggi, il contenuto tra le prime posizioni, con relativo aumento di traffico organico qualificato.

Serp tos

#4 La qualità di un link dipende dalla sua DA (o ZA che dir si voglia)

Per affrontare il 4 mito, partiamo da una domanda: come fanno i motori di ricerca a valutare la qualità di un link?

Ti diamo qualche minuto per riflettere e provare a dare la risposta giusta.

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Non lo sappiamo!

Esatto, hai letto benissimo; non è una domanda alla quale possiamo dare una risposta certa.

Quindi, come possiamo definire la qualità di un collegamento?

Tutte le varie e fantasiose metriche di terze parti, come il Domain Authority di Moz, la Zoom Authority di Zoom, il Trust Flow di Ahrefs e, ancora, l’Authority Score di SEMrush, sono mere ipotesi di confronto da un sito e gli altri. Tutto qua.

DA, ZA, AS e compagnia cantante non sono segnali di ranking. E non ci forniscono neppure una visione oggettiva della qualità di un sito web come potenziale “ospite” dei nostri guest post - una delle armi a disposizione del nostro arsenale di link builder.

Sì, lo sappiamo, è sconcertante.

Chiaramente, non stiamo dicendo che tutte queste metriche siano da bistrattare e ignorare. Bensì, vorremmo farti comprendere quanto possa essere controproducente basarsi soltanto su una metrica (proprietaria, per di più) per basare l’intera strategia di link building.

Piuttosto, ti suggeriamo di guardare i 5 punti che trovi di seguito, prima di valutare se un collegamento sia buono o meno.

  1. La navigazione del link da parte degli utenti offrirà loro un contenuto rilevante;
  2. Il link del dominio ha un elevato valore di traffico;
  3. Il testo di ancoraggio è contestuale (niente clicca qui, o pratiche al limite del clickbait);
  4. La pagina collegata offre valore reale agli utenti;
  5. Il sito web che ospita il link ha un piano editoriale in essere per i contenuti.

Insomma, seguire le metriche che ci “prometterebbero” di stabilire la bontà di un dominio può lasciarci ciechi dinnanzi all’essenziale.

Essenziale che, non ce ne voglia Antoine de Saint-Exupéry, non è affatto invisibile agli occhi.

Parliamo della pertinenza di un sito web, in primis, ma anche della potenza inaudita che possono avere le relazioni (quelle reali, però).

Quest’ultima considerazione si collega direttamente all’ultimo mito; ossia…

Partiamo da 3 “verità”.

La creazione di link può:

  1. Aumentare la visibilità online di un brand;
  2. Aumentare il traffico verso un determinato dominio;
  3. Mostrare l’autorevolezza e il valore di un brand.

Di contro, può distruggere l’intero traffico organico di un progetto web, se mal gestita.

Cosa c’entra tutto questo con le relazioni citate nel paragrafo precedente? E cosa con il mito che la link building riguarderebbe soltanto i link?

Semplice, la creazione di link manuali dovrebbe (in un mondo perfetto, ce ne rendiamo conto) riguardare più la costruzione di relazioni solide con altri siti web e/o brand in tema, per costruire nuove opportunità di marketing, piuttosto che la “semplice” ricerca di portali dove pubblicare l’ennesimo nuovo collegamento.

Questo mindset produrrà link pertinenti, di valore e, soprattutto, “naturali”. E non è forse quello che vuole Big G?

Un tassello di un mosaico meraviglioso che prende il nome di strategia di posizionamento organico (o SEO).

Sì, tutto qua.

Senza la link building, quindi, il mio progetto SEO sarà monco?

Se non acquisisco link, in SERP competitive e con operatori già affermati, come potrò posizionare i miei contenuti?

Sitemap e architettura delle informazioni chiare e progettate sui reali bisogni degli utenti. Contenuti (a costo di sembrare i boomer del digital) di V-A-L-O-R-E.

E questo significa Z-E-R-O intelligenza artificiale che scrive i testi. UX e UI coerenti e studiate in base al mercato di riferimento. Ma soprattutto, donare.

Sì, hai letto bene. Donare è la chiave. Internet, tutto, si basa sull’economia del dono. Tu offri qualcosa, io ti sono riconoscente, io mi ricordo di te quando ho bisogno di un tuo servizio/prodotto.

Queste sono le risposte su cui devi concentrarti. Così come gli aspetti che possono fare la differenza tra un progetto anonimo e uno, davvero, vincente.

E per concretizzare il tutto, ti riportiamo, in poche righe, un caso studio SEO che è stato portato avanti senza investire un singolo euro in link building.

Il cliente era Libenar, brand storico che produce soluzioni nasali per bambini.

L’obiettivo era, oltre la creazione del nuovo sito web, presidiare le principali query branded di prodotto (occupate dalle varie farmacie online) e posizionarsi tra le prime pagine di ricerca per tutte le keyword inerenti l’igiene nasale di neonati e bambini.

Nel costruire il sito web, abbiamo rispettato quanto scritto in questo paragrafo.

Il risultato è stato questo:

Analytics libenar dati organici

Nel grafico qui sopra puoi notare la crescita del traffico organico da gennaio a febbraio 2022. Una crescita che, fluttuazioni stagionali a parte, risulta costante e, soprattutto, intercetta pubblico in target con quello che il sito web propone.

Qual è la morale di questa “storia” con cui, si spera, ti abbiamo allietato?

In una strategia di link building, evita lo spam (ma questo vale per qualunque altra pratica di digital marketing) e non scartare a priori domini con un basso DA, solo perché temi che Penguin possa fartela pagare a suon di schiaffoni bagnati (e perdita di ranking).

E cerca anche di applicare i consigli letti in questo articolo: capire i principi della link building e smascherare tutto il fallace sono i primi passi per ottenere risultati concreti, con conseguente soddisfazione verso la tua prossima campagna di link building.

Avrai capito che costruire una strategia di link building efficace non è un'attività semplice, tuttavia può essere fondamentale per ottenere una buona visibilità. Noi possiamo aiutarti a implementarla all'interno di un piano digital strutturato in base alle tue esigenze e agli obiettivi della tua azienda o brand. Contattaci senza impegno per saperne di più!

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